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An interesting exhibition in 2006/07 in the Pinakothek der Moderne, Munich, Architektur wie sie im Buche steht (architecture by the book), questions, as indicates the title itself, how architecture has been treated by poets and narrators. In the literary texts the physiognomy of the architectural space is often only hinted at and it is up to the reader to mentally reconstruct the places that become personal in this way, differing according to their own imagination. The show tried to translate into concrete forms the structures made only from words. The exhibition showed not only the historic documents, but also drawings and models inspired by the suggestions of reading.
The works of Albert Coers tackle the problem of the relationship between architecture and the books from an other point of view, in some way antithetic to that which the exposition was based upon: whereas literary texts were searched in their contents in order to elicit objects and images and to enhance – if only in a subjective manner ‑ their communicative potential. In Coers work the books remain “closed”, revealing at the most their title, on the spine or on the cover. They involve us in a dialogue which deals completely in the inside knowledge that everyone of us has, or doesn’t have, of the stories that they contain, and the way in which they could have contributed to “constructing” our cultural, emotional and imaginative world. Playing on this metaphor – knowledge as essential element for the construction of the thinking human being – Coers creates real architectures of books: structures, which are autonomous or inserted in order to change the space of existing buildings. Hundreds, sometimes thousands of books of different shapes and colours, one near to the other like bricks made of paper build mobile architectures like the Trullo exhibited in the Munich Academy in 2004. Sometimes the works of Coers are architectonic elements like arches, columns, stairs, piles, that interact with the space as sculptures, follow the details of architecture by covering them, or change the structure of the buildings.
The latter, one has to mention Biblioteca-Galleria, the great and laborious work realised in 2005 in the Galleria 44 in Genoa, where two installations completely changed the space of the characteristic tunnel (originally a narrow street of the intricate old city): An arch in the middle and a wall at the end divided the long space of the gallery in two smaller spaces. In other cases, the books fill spaces of the buildings (windows, doors, corners) or of any type of object like radiators. The book becomes a decorative element, like Biblioteca Sangallense — Arco Vadiano (2007), the sculpture recently done in the foyer of the library of Saint Gaul, but also hindrance that obstructs the passage of persons or light. In the installation Biblioteca privata II the books closed the only window of a room for 5 weeks. In this manner the book isolates physically (like in the trulli by the way), as it can do mentally during reading.
For every installation, moreover, the artist uses books that are closely connected to the place or its structure in which it is carried out, always adding new and different valences to the already significant meaning of the material that forms the works itself. To sum up, Coers sets a new relation between book and architecture with his artwork, original and rich with intellectual stimuli. A relationship that on close viewing has its roots in the genetic heritage of the artist: the grandfather an architect, the father a passionate collector of pictures and books.
Leo Lecci, born 1966, is researcher at the University of Genoa, where he teaches History of Art. He has published studies and and articles on 19th and 20th century architecture and visual culture. He works at the Archive of Contemporary Art, Genoa, and cooperates in the organisation of exhibitions, eg. Agora (Bordighera, Italy, 2005).
Architetture di libri
Un’interessante mostra tenutasi tra il 2006 e il 2007 alla Pinakothek der Moderne di Monaco, Architektur wie sie im Buche steht, indagava, come indica il titolo stesso, come l’architettura sia stata trattata da poeti, romanzieri e narratori: nei testi letterari la fisionomia dello spazio architettonico è spesso solo accennata e tocca al lettore ricostruire mentalmente luoghi che divengono, così, assolutamente particolari e personali, diversi a seconda della propria immaginazione. Partendo da questo assunto la mostra monacense si proponeva, tra l’altro, di tentare di tradurre in forme concrete quelle costruzioni fatte di sole parole, avvalendosi della creatività di numerosi studenti di architettura chiamati a realizzare disegni e maquette sull’onda delle suggestioni e delle immagini evocate dalla lettura.
Le opere di Albert Coers affrontano il problema del rapporto tra l’architettura e i libri da un altro punto di vista, in qualche misura antitetico a quello su cui era basata l’esposizione: infatti, laddove nella mostra i testi letterari venivano perlustrati nei loro contenuti alla ricerca di spunti da cui partire per trarne oggetti e immagini e aumentarne, dunque – seppure in modo assolutamente soggettivo — il potenziale comunicativo, nella ricerca di Coers i libri rimangono “chiusi”, rivelano al massimo il loro titolo, in costa o in copertina, coinvolgendoci un dialogo tutto interno alla conoscenza che ciascuno di noi ha, o non ha, delle storie che essi contengono e al modo in cui esse possono, o meno, avere contribuito a “costruire” il nostro mondo culturale, emozionale e immaginativo. Giocando su questa metafora – la conoscenza come elemento essenziale alla “costruzione” dell’essere umano pensante – con i libri Coers le architetture le crea fisicamente: sono strutture architettoniche autonome o inserite a modificare lo spazio di edifici esistenti. Centinaia, talvolta migliaia di libri di diverse forme e colori, uno vicino all’altro come mattoni di carta formano architetture agibili come il Trullo presentato all’Accademia di Monaco nel 2004 o quello, visitatissimo, innalzato a Bordighera l’anno seguente in occasione della dodicesima edizione di Agorà, mostra estiva allestita all’aperto, nel centro storico della cittadina ligure.
Talvolta le opere di Coers sono elementi quali archi, colonne, scale, pile, pendii, ovviamente sempre fatti di libri, che interagiscono con lo spazio come sculture, seguono particolari delle architetture rivestendole, oppure alterano la struttura degli edifici. In quest’ultimo caso, su tutte, va ricordata Biblioteca-Galleria, la grande e faticosa opera realizzata nel 2005 alla Galleria 44 di Genova, dove due installazioni stravolgevano completamente lo spazio del caratteristico tunnel (anticamente un vicolo dell’intricato centro storico di Genova) espositivo: un arco costruito a metà e un muro innalzato alla fine dividevano il lungo spazio della galleria in due spazi più piccoli.
Altre volte ancora, i libri riempiono gli spazi degli edifici come finestre, porte, pertugi, angoli, o di oggetti di qualsivoglia natura come i caloriferi. Il libro diventa così elemento decorativo, come Biblioteca Sangallense — Arco Vadiano (2007) la scultura recentemente realizzata nell’androne della biblioteca di San Gallo in Svizzera, ma anche elemento di ingombro che ostruisce il passaggio delle persone o della luce. Nell’installazione Biblioteca privata II i libri hanno chiuso l’unica finestra di una stanza per 5 settimane. In questo modo il libro isola fisicamente (come nei Trulli, del resto), così come può fare mentalmente durante la lettura.
Per ogni installazione, inoltre, l’artista usa libri che hanno sempre uno stretto legame con il luogo in cui essa viene realizzata o con la sua struttura, aggiungendo valenze sempre nuove e differenti al già di per sé significante materiale che costituisce l’opera stessa. Con i suoi lavori insomma, Coers istituisce un nuovo legame tra libro e architettura, assolutamente originale e ricco di stimoli intellettuali. Un legame, questo, che a ben vedere affonda le radici nel patrimonio genetico dell’artista: un nonno architetto, il padre un appassionato collezionista di immagini e di libri.
Leo Lecci, nato nel 1966 a San Remo), è ricercatore di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Genova. La sua attività rivolta all’arte figurativa del XIX e XX secolo. Collabora all’ Archivio d_Arte Contemporanea (AdAC) a Genova. Ha curato diverse mostre, tranne p.es. Agora (Bordighera/I, 2005).